Cosa significa essere vegani? Perche’ essere vegani?

Queste sono due classiche domande che ogni vegano si sente porre di frequente.
Vedremo di dare una risposta qua.

L’essere vegani significa opporsi ad ogni forma di abuso o sfruttamento su ogni animale. Questa e’ l’essenza. Nella praticita’ questo significa rifiutarsi di consumare ogni alimento di origine animale, di indossare capi confezionati con la pelle, il pelo o il lavoro di altri animali come seta, lana, cuoio, o di fare uso di qualsiasi altra cosa che sia stata prodotta con l’utilizzo di materiali animali.

Ora, persino ad un vegetariano tale comportamento potra’ sembrare eccessivo, estremista persino. Vi possiamo assicurare che non lo e’, anzi, e’ assolutamente giustificato se non dovuto: dove l’animale e’ usato dall’uomo, e’ sempre abusato.

Partiamo dal caso piu’ significante, quello delle uova e del latte. L’onnivoro, e anche il vegetariano, si domandano perche’ non dovrebbero consumare questi prodotti, visto che l’animale naturalmente li produce e non viene ucciso durante il processo. Se poi si parla di maltrattamenti, abusi e condizioni di vita atroci si vuole sempre pensare al “contadino che ha un pollaio e la fattoria” dove gli animali hanno tutto cio’ di cui hanno bisogno e non soffrono.

Perche’ tale atteggiamento contiene una contraddizione, un orribile omissione di fondo? Perche’, se anche per un secondo ammettessimo che, da qualche parte, tale contadino esiste e ci fornissimo di tali prodotti da lui, tale commercio sarebbe ancora un commercio fondato sulla morte e sul sangue di innocenti.

Perche’, e’ questa la ragione di fondo, la produzione di uova e di latte e’ legata indissolubilmente all’industria dei macelli e della carne. Cio’ e’ facilmente deducibile da un semplice ragionamento: se il latte viene prodotto solo da femmine di una certa eta’, le quali compongono una percentuale minoritaria di una normale popolazione di bovini, dove vanno a finire tutti i maschi, le mucche anziane o quelle non adatte alla produzione per debolezza costituzionale? Vengono macellati, ovviamente, se non sepolti vivi o abbandonati come nel caso dei bufali (la mozzarella di bufala e’ molto pregiata, lo stesso non si puo’ dire della carne di bufalo). Sono inutili per quell’industria, scarto industriale da “riciclare” in denaro macellandoli se e’ possibile, in caso contrario meglio “liberarsene” in ogni modo possibile, meglio se economico. Nel caso del latte, tale cosa e’ ancora piu’ grave perche’, al contrario di cio’ che ci viene continuamente raccontato, le mucche non producono latte costantemente: devono essere ingravidate e partorire ad intervalli regolari, in genere ogni uno o due anni.

La sorte dei pulcini maschi.

Parlando invece di uova, chi di voi sa che fine fanno gran parte dei pulcini maschi? Tutti i pulcini, da quelli utilizzati negli allevamenti in batteria a quelli del biologico, provengono molto spesso dagli stessi stabilimenti di incubazione (in inglese hatchery, nel caso voleste vedere con i vostri occhi cercate quella parola) dove i pulcini appena nati vengono posti su dei nastri trasportatori, dove degli operatori verificheranno il loro sesso. Se i pulcino e’ maschio, viene preso e lanciato in un tubo. Dove finira’ tritato vivo. Queste non sono le fantasie di un sociopatico maniacale, e’ la verita’. Tonnellate di “farina di pulcino” verranno poi utilizzate per fertilizzare i campi. Solo pochi pulcini sono necessari per la riproduzione, e sono quindi condannati a morte.

Ora, per chiarezza, precisiamo una cosa: in natura tutte le specie hanno un rapporto maschi/femmine di circa 1:1, con variazioni di pochi punti percentuale. Questo significa che, per ogni gallina che “vive felice nella fattoria utopica del buon fattore” vi e’ un pulcino che e’ stato destinato al tritacarne a poche ore dalla sua nascita.

E la lana, e la seta, e il miele si chiedera’ qualcuno? La lana viene ottenuta brutalizzando le pecore al momento della tosatura e prima (vi e’ famigliare la pratica del “mulesing“? Sconsiglio ai teneri di stomaco di cercarla) da allevatori che cercano solo il profitto a scapito delle pecore. La seta e’ ottenuta bruciando vivi i bachi. Il miele gasando le api.

Essenzialmente, quando vi e’ profitto il benessere animale non viene nemmeno preso in considerazione. L’idea che un “animale contento produca di piu'” e’ stata piu’ volte confermata come menzogna, messa in giro da chi ha interessi in un business crudele e barbaro, per mettere a tacere le coscienze.

Per questo, il vegano ritiene che tale “estremismo” non sia solo giustificato, ma dovuto.

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