6 mercoledì 28 maggio 2014 l’Adige Attualità
BOLZANO – È morta in seguito alle lesioni provocate dalle cornate di un
toro una contadina di 75 anni, travolta nella stalla del suo maso
a Laudes in val Venosta. Si tratta di Erna Stocker. L’incidente si è verificato
ieri mattina. La donna è stata colpita dal toro al torace e alla testa
mentre stava mungendo le mucche. La vittima non ha avuto il tempo
di reagire: il toro, un esemplare di una tonnellata, l’ha caricata violentemente.
Per trarla in salvo anche il marito di 70 anni, Josef Hörnann,
è rimasto ferito, ma in modo lieve. Per i carabinieri di Malles non è stato
facile ricostruire quanto accaduto. A richiamare i vicini sono state le
urla. Immediato l’allarme al 118. Sul posto anche il medico del paese che
ha prestato le prime cure in attesa dell’arrivo dell’elicottero. Per la donna,
però, non c’è stato nulla da fare. È morta qualche ora dopo in ospedale.
Molta gente, la maggior parte immagino, alla lettura della notizia in questione e sulla spinta emotiva del fatto accaduto, avrà commentato con rabbia il gesto del toro, e avrà provato compassione per la morte atroce della povera donna.
Abbiamo imparato infatti che, mentre la specie umana, considerata da secoli la specie eletta ed egemone, può macchiarsi del più orribile dei crimini verso i membri appartenenti ad altre specie, gli altri animali non possono allo stesso modo ribellarsi alle crudeltà cui li sottoponiamo e, se lo fanno, diventano per noi soggetti malvagi, feroci, pericolosi, e quindi da abbattere. Questo è lo specismo, cioè quella visione del mondo che porta i membri di una specie a ritenere prioritarie le sue necessità a scapito delle necessità dei membri di altre specie e ad attribuire quindi un diverso valore e status morale agli individui a seconda della loro specie di appartenenza in particolare lo specismo è composto da tutti quegli atteggiamenti umani che coinvolgono una discriminazione degli individui animali non umani, inclusa la concezione degli stessi come oggetti o proprietà.
Ritornando al caso in questione, sono certa che la vittima (soprattutto della sua visione antropocentrica) di cui si parla nell’articolo, figlia anch’essa come molti di noi dello specismo radicato profondamente nella società e in tutti i settori che la compongono, riteneva normale e giusto detenere altri esseri viventi prigionieri in una stalla allo stesso modo in cui si ritiene normale tenere un uccello in gabbia, un cane alla catena, le galline nel pollaio, i conigli nelle conigliere, i leoni in gabbia, i pesci negli acquari o nelle bocce di vetro, i serpenti nel terraio e gli esempi sono infiniti. Di certo poche persone, si saranno soffermate a pensare alla sofferenza del toro, quella sofferenza e disperazione che lo hanno portato a scagliarsi con rabbia contro la donna fino ad ucciderla, usando le uniche armi di cui disponeva per ribellarsi alla coercizione umana, le sue corna.
Ricordo qualche anno fa, che un mio amico veterinario mi aveva raccontato un episodio simile, un toro aveva incornato suo padre, contadino e allevatore, aggiungendo poi che il toro in questione viveva da 20 anni legato ad una catena di mezzo metro o giù di li.
Resta da dire che noi, nella nostra infinita arroganza, nel nostro insuperabile egocentrismo, abbiamo da tempo dimenticato ormai di appartenere al regno animale alla stregua di qualsiasi essere vivente che calpesta questo pianeta, e in questo percorso dell’ oblio, abbiamo scordato ciò che eravamo e ancora siamo, e acquistato la convinzione di avere il diritto di gestire a nostro piacimento le vite di altre creature, imprigionandole, usandole, abusandole alla stregua di oggetti, come se non provassero sentimenti ed emozioni ma fossero cose da usare per i nostri comodi e quando loro si ribellano ad una vita di schiavitù, abbiamo il coraggio di sorprenderci ed indignarci perché non riusciamo a vedere nei loro atti di ribellione, la profonda sofferenza delle loro anime.
Immagino che il povero toro, colpevole di essersi rivoltato alla sua prigionia e di aver ucciso la donna che in quel momento di rabbia impersonificava la sua carnefice, sarà stato mandato al macello per aver osato uccidere un essere umano, per avere avuto il coraggio di opporsi al suo oppressore, nessuno penserà al fatto che noi gli esseri “umani” ogni giorno uccidiamo sistematicamente e impunemente miliardi di altri esseri viventi che non appartengono alla specie prediletta, la nostra.
A questo povero toro dedico questo articolo e il mio pensiero impregnato di profondo dispiacere per la triste sorte che lo ha costretto a vivere una vita da schiavo, sperando di rendergli in qualche modo giustizia ma con la consapevolezza rinnovata delle ingiustizie profonde di una società iniqua le cui radici sono attecchite nel dolore e nello sfruttamento di altre creature, una società che vive grazie alla morte di altri.
Ivana Ravanelli