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Viene spesso argomentato che la dieta veg, vegetariana o vegana, sia insufficiente a garantire i nutrienti necessari per una vita sana e longeva. In questo articolo indico veg per brevità, assimilando vegetariani e vegani, ma in realtà le differenze sono sostanziali e solo la dieta vegana è, come vedremo, la scelta di maggior coerenza etica e salutista.

Partiamo da alcuni esempi vissuti, diversi come origine e motivazioni, ma convergenti sul valore della dieta veg.

Margherita Hack, nata da famiglia vegetariana. Il papà le diceva “non mangiare cadaveri” e non si è mai cibata di un solo boccone che non fosse vegetale. Ha svolto attività sportiva in competizioni atletiche (salto in alto) ed è stata in grado di andare in bicicletta fino a 90 anni, oltre ad essere stata una astronoma di fama mondiale. Ha dichiarato: “Credo che uccidere qualsiasi creatura vivente, sia un po’ come uccidere noi stessi e non vedo differenze tra il dolore di un animale e quello di un essere umano”.

Umberto Veronesi è vegetariano da sempre per motivi etici, quindi ha scelto di non mangiare cibi animali per non essere complice nella carneficina di esseri viventi. E’ scienziato oncologo di fama mondiale. Dice: ”Noi vegetariani viviamo meglio e di più”.

Bill Clinton, ex Presidente degli Stati Uniti d’America, è diventato vegetariano in tarda età. Persona molto attiva e dinamica, dice: “ora ho più energie di prima”.

Noi di “Etica Animalista” abbiamo alle spalle decenni di dieta veg e, fortunatamente, fino ad oggi godiamo di ottima salute, ben lontani da medici e medicine. Ma i nostri casi personali non sono interessanti come i tre precedenti, quindi li trascuriamo.

Questa premessa era necessaria per sfatare la ricorrente scusa: mangio carne perché è sana e nutriente. Nella realtà non è né l’una né l’altra, però è una dichiarazione di poche parole che evita di porsi problemi. Ovviamente sappiamo che la maggioranza delle persone segue una dieta carnea, ma siamo anche convinti che la stragrande maggioranza di essi seguono passivamente abitudini inveterate, continuano prassi di famiglia, in altre parole, sono un po’ vittime di una certa loro indolenza. Siamo altresì convinti che, se al posto della pubblicità commerciale venissero diffuse informazioni precise sulle modalità di produzione intensiva e industrializzata dei prodotti animali, tutti si preoccuperebbero seriamente per almeno due motivi.

Primo, tutta la filiera di produzione è innaturale. Dalla nascita alla morte, gli animali crescono immobilizzati per non disperdere peso e non respirano neppure una boccata d’aria libera, se non, forse, durante il trasporto al macello che peggiora ulteriormente la qualità organolettica della carne per i forti e lunghi stress inferti all’animale. Il mangime fornito contiene ingredienti per la massimizzazione della quantità del prodotto ottenuto sia esso carne, latte, uova, e vengono somministrati tanti farmaci allo scopo di evitare il rischio di infezioni, che in tali ambienti sovraffollati sono sconosciute ed incontrollabili, come già avvenuto: morbo c.d. mucca pazza, influenze suina, aviaria ecc., solo per citare i casi più noti, tutti trasmissibili anche all’uomo. La spesa per farmaci rappresenta fino al 20% del costo di allevamento.

Secondo, l’industrializzazione del processo di produzione si basa sulla tortura sistematica e continuativa di esseri viventi, senzienti, innocenti, privandoli di qualsiasi dignità naturale, anche da prima della nascita. Le fertilità sono accelerate ed indotte artificialmente, al pari delle fecondazioni che sono solo artificiali. I neonati vengono subito separati dalla madre per un più rapido accrescimento, altrimenti uccisi, come i pulcini maschi, triturati vivi a migliaia negli allevamenti di galline ovaiole e i bufali maschi lasciati morire di fame nei caseifici di mozzarella. Spero che tutti sappiano che il latte non viene prodotto dal supermercato. Il latte di mucca, bufala, capra, ecc. può essere prodotto solo da femmine che abbiano partorito, come per la donna, solo che in quei casi il neonato è un concorrente dell’uomo nella raccolta del latte e quindi viene eliminato. Bevendo latte, mangiando formaggi si uccidono delle vite.

Si obietterà che l’uomo ha sempre ucciso le altre specie di animali. E’ vero, vi erano però due condizioni ben diverse dalle attuali. In primis, spesso si trattava di sopravvivenza. In tempi in cui non vi erano tanti cibi di origine vegetale, il cibo animale risultava più comune. In secundis, la pressione demografica e gli attuali consumi parossistici hanno determinato il concetto di animale-oggetto confezionato in vaschetta, avulso da qualsiasi empatia esistenziale. Aggiungerei anche una mia personale considerazione: il livello di evoluzione culturale e di civiltà oggi generalmente raggiunto nei Paesi occidentali, ci impone obblighi morali diversi dal passato.

La riprova che la produzione di carne e derivati è cosa indegna viene dalla segretezza dei macelli. Perché non sono aperti a chi voglia documentarsi sulla sua personale scelta di alimentazione? Anche negli ultimi anni degli studi d’obbligo, oltre le gite culturali, la visita ad allevamenti e macelli da parte degli studenti sarebbe di grande aiuto alla maturazione di loro scelte consapevoli.

Un tempo, nella cultura contadina, vi era solidarietà tra uomo e animale. L’animale era sfruttato, ma aveva una vita naturale, i suoi cicli biologici erano rispettati, viveva libero insieme ai suoi simili. L’uomo lo sfamava e gli garantiva una vita dignitosa, difendendolo anche dai pericoli, fino ahimé al giorno della sua fine che spesso era indispensabile per garantire la sopravvivenza della famiglia di chi lo aveva accudito. Un uovo, quando non covato, si poteva considerare offerto spontaneamente dalla gallina a chi gli procurava il becchime. Era un rapporto rispettoso, invece oggi tutto è terribilmente mercificato. Vengono i brividi perfino a mangiare un uovo, pensando ai miliardi di vite recluse, disprezzate e sofferenti che servono per la sua produzione.

 

Quanto sopra fa parte di conoscenze basilari che tutti sanno o possono acquisire e verificare per iniziare ad avere coscienza dei propri comportamenti, non è più adeguato proseguire pedissequamente le abitudini del passato. E’ sulla base di queste conoscenze che si matura la spontanea e convinta scelta di stili di vita veg.

Evitiamo per il momento di affrontare il disastroso impatto ambientale causato dagli allevamenti intensivi, la deforestazione conseguente alla creazione di pascoli, la fame conseguente alla coltivazione di vaste aree per foraggi anziché cereali per umani, l’ingente spreco di cibo.

Concludendo, a mio parere, con lo sfruttamento delle altre specie animali l’uomo si priva della propria dignità. E non mi riferisco alla mancanza di dignità degli uomini addetti agli allevamenti, ai macelli, alla vivisezione, gente che ritengo degna solo ad esercitare i loro tristi mestieri in qualche girone dell’inferno, ma in gioco vi è anche la dignità di coloro che consumano carne, pesce ed altri prodotti di origine animale senza preoccuparsi di come arrivino fino a loro, in tal modo rendendo economicamente vantaggiosa tutta la filiera dello sfruttamento. Se da domani non venisse consumata carne, sparirebbero contemporaneamente anche le torture e i massacri degli allevamenti. Che sogno!

Marco Ciuti

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