Il mondo animalista è frazionato, spesso autoreferenziale e poco interessato ad aggregare le proprie forze. Sono condizioni generalmente considerate meritorie e propizie per l’azione animalista, ma dobbiamo chiederci onestamente se esse giovano veramente alla causa degli animali, ovvero se siano esse stesse una difficoltà per raggiungere i nostri obiettivi.
Occorre aggiungere che spesso le associazioni animaliste sono riluttanti ad avvicinare il mondo politico ed istituzionale con programmi e rapporti sistematici. Miriadi di episodi discreditano coerenza e lungimiranza della politica e della burocrazia, però è a tutti ben noto che spessissimo dobbiamo rivolgere ad ambiti pubblici le nostre istanze, siano essi appelli, segnalazioni, sollecitazioni, denunce, ecc. nella speranza di ottenere la loro attenzione per qualche giusto intervento.
Tale modo di procedere, nella migliore ipotesi, è in grado di risolvere alcuni pietosi ed urgenti casi causati dalle tante distorsioni dell’attuale rapporto uomo-altri animali, però la probabilità di successo è molto inferiore alle nostre attese. Quindi si imporrebbe una profonda revisione della nostra relazione con l’apparato politico ed istituzionale al fine di portare la voce degli animali all’interno delle istituzioni amministrative e politiche, unica dimensione che può garantire risultati generali e duraturi, in una società sempre più insensibile ed indifferente.
Normalmente ci presentiamo al mondo politico come un movimento di protesta e di contestazione – in alcuni Paesi addirittura considerato eversivo -, che difficilmente potrà ottenere risultati ampi nel progresso della condizione animale. A mio avviso mancano strategie complessive, obiettivi chiari e l’individuazione di mezzi realistici per raggiungerli, tra i quali è indispensabile il confronto unitario, continuativo ed efficace con la politica e le istituzioni.
Non ci si può attendere che i politici diventino animalisti per loro scelta. Finora solo pochi eletti hanno mostrato il coraggio di esprimere d’iniziativa chiare posizioni animaliste e tra questi la Brambilla ha conseguito risultati di rilievo nazionale, mentre Andrea Zanoni svolge appassionata attività in ambito Europarlamentare. Alcuni si sono interessati a singoli temi, ma non vi sono altre figure di rilievo. Il politico svolge il suo ruolo in base al consenso popolare, che costituisce l’elemento che consentirà la sua azione e difficilmente si impegnerà con noi fino a quando gli animalisti votanti non troveranno convergenza sul suo nome. In questa situazione la forza dei numeri è elemento vincente e quindi il carattere sparuto degli animalisti rappresenta un handicap che rende evanescente la nostra compagine, nonostante abbia una consistenza numerica di tutto rispetto.
A fine ottobre si è conclusa la raccolta delle firme per Stop Vivisection. Una importante iniziativa europea che ha raccolto oltre 1,3 milione di adesioni di cui oltre 800.000 in Italia, numero di grande rilievo. Secondo la legislazione italiana, bastano 500.000 adesioni per proporre un referendum abrogativo di iniziativa popolare. Subito potremmo proporre l’abrogazione delle norme che dal 1980 consentono nella nostra civile Italia la incivile macellazione rituale islamica halal ed ebraica kosher, per dissanguamento senza stordimento preventivo, con impietoso strazio di quei poveri esseri. Ma non faremo nulla perché non abbiamo né la volontà politica né una capacità organizzativa nazionale. I molti sottoscrittori di Stop Vivisection e i punti di raccolta delle firme cartacee dovrebbero essere inseriti in un programma permanente di informazione e di coinvolgimento, ma purtroppo nel nostro mondo animalista, ogni episodio ha un inizio ed una fine, con scarse interrelazioni ed implicazioni per altri conseguenti sviluppi, disperdendo enormi capacità.
Molte occasioni hanno mostrato chiaramente la forza numerica e la determinazione che supportano l’ideale animalista, ma anche in quei casi sul piano politico la nostra presenza è trascurabile. Tanto trascurabile che anche quando vengono ottenuti faticosi e sofferti successi, se ne perdono gli effetti sul piano pratico perché intervengono i forti poteri anti-animalisti, ben organizzati e politicamente introdotti ed ammanigliati. Con grande tensione fu approvato l’art. 13 della Legge di delegazione Europea 96/2013 che prevede importanti migliorie nelle condizioni di trattamento degli animali impiegati nella ricerca falsamente scientifica, il divieto di allevamento di animali destinati alla vivisezione e lo stanziamento di incentivazioni per i metodi alternativi. Oggi, in fase di stesura dei relativi decreti di attuazione, ben 10 dei 13 punti di tutela inseriti nella legge sono di fatto ignorati. Come al solito, il mondo animalista si è allarmato ed ha riavviato una nuova tornata di mail di petizione verso il Ministro della Sanità, ma il risultato utile è molto incerto. Mi pare una evidente dimostrazione di impotenza politica.
Siamo così ripiegati sulla materialità della tragica condizione degli animali da ritenere secondaria la costruzione di una rete estesa e coesa di difesa dei diritti degli stessi. L’efficacia della difesa non può fare a meno del livello politico, poiché nel fronte a noi avverso vi sono gli ambienti della ricerca pseudoscientifica e le potenti lobbies di sfruttatori degli animali, ben collegati fra loro, potenti economicamente e politicamente rappresentati in tutti gli schieramenti politici sui quali riescono a esercitare una forte influenza. E’ di tutta evidenza che da questa differenza consegue la disgrazia degli animali. Ciò nonostante, restiamo restii a prenderne coscienza e sfoghiamo la nostra passione in importanti iniziative su casi singoli, necessarie, ma mai sufficienti a determinare il miglioramento della condizione di vita generale degli animali.
In conclusione, vi è una base di centinaia di migliaia di cittadini sensibili, che riusciamo a organizzare solo nel caso di specifici eventi e spesso in modo incauto ed avventuroso, incorrendo in gravosi strascichi legali a carico dei più eroici e con pesanti conseguenze personali ed economiche.
Le principali associazioni animaliste contano decine di migliaia di associati, ma non sono capaci neppure di proporre in occasione delle consultazioni elettorali una unitaria lista di candidati cui affidare la nostra rappresentanza. Aggiungiamo la scarsa visibilità pubblica degli esponenti di tali associazioni. In Italia vi è da molti anni il Partito Animalista, in Europa il Partito Europeo Animalista quanti ne hanno sentito parlare e conoscono almeno il nome del leader?
L’animalista è determinato e orgoglioso di considerare la propria scelta un fatto strettamente personale non suscettibile di alcun indirizzo comune. Tale forza individuale determina purtroppo una debolezza collettiva e sotto il profilo sociale è una scelta immatura, non valida per dirigere la società verso i nostri obiettivi.
Dobbiamo unirci, far pesare i nostri numeri e condizionare la politica. L’alternativa è la perenne marginalità dei nostri ideali e, conseguentemente, non vi sarà alcun generale miglioramento nella vita degli animali. Allo stato, uno dei problemi della condizione animale sono gli animalisti.
Marco Ciuti