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Partendo dal presupposto che l’antispecismo, per definizione, e’ il credere che la vita di un individuo possiede la stessa dignita’ indipendentemente dalla specie di appartenenza, ci si puo’ porre la seguente domanda: e’ legittimo, da antispecista, supportare un’iniziativa (legislativa o meno) che protegge solo una specie, ignorando palesemente tutte le altre? La risposta e’ di certo si’, purche’ la stessa iniziativa non sia a discapito delle altre specie. Ovviamente il progresso e’ sempre il benvenuto, anche se non portera’ ad un mondo perfetto magari lo rendera’ “meno peggio”, come si usa dire per evitare la parola “migliore”.

Questa domanda non me la sono posta casualmente, in quanto recentemente sono venuto a conoscenza di un caso piuttosto esemplare, in cui il desiderio di difendere una specie ritenuta a noi piu’ vicina e’ risultato essere a danno delle altre.

Sto parlando del cosidetto “Dolphin-Safe Tuna”, che si puo’ tradurre, forse un po’ alla carlona, con “tonno senza delfini”. Insomma, la situazione e’ problematica: vediamo perche’.

Sara’ evidente a tutti come la pesca commerciale non consista in pittoreschi anziani dalla barba bianca, assorti nel catturare le loro prede con ami e canne da pesca, ma forse la scala su cui si svolge il massacro sfugge ai piu’. Il tradizionale metodo di cattura per il tonno, per esempio, si svolge come segue:

1) Si parte dalla localizzazione dei banchi di pesce: visto che nel caso dei tonni questi possono trovarsi a svariati metri di profondita’ e quindi risultare invisibili all’occhio nudo, si cercano i delfini, che spesso nuotano vicino a tali banchi e che risultano essere individuabili piu’ facilmente.

2) Una volta localizzato il banco, diversi pescherecci posizionano una rete cilindrica (la cosidetta “Purse Seine Net”, termine che non riesco a tradurre nella sua interezza e quindi lascio all’anglofona), la quale estensione va nell’ordine dei kilometri.

3) Quando il cerchio viene chiuso, una corda viene tirata e la parte bassa del cilindro si chiude, intrappolando i pesci all’interno. Tutto cio’ che viene catturato dalla rete verra’ poi tirato sui vari pescherecci.

4) Si separa il “prodotto” utile dal cosidetto “bycatch”. Ovviamente gli stessi delfini che hanno aiutato involontariamente i pescatori risultano fra tale. Tutto cio’ che e’ bycatch viene buttato fuoribordo, e’ inutile, e’ immondizia, e’ spazzatura. E’ morto comunque.

Ora, tutta una serie di considerazioni vanno fatte. Prima, dell’attuale entita’ di tale bycatch nessuno ha dati precisi. Questo perche’ statistiche, numeri, carte e burocrazia vengono fatte sulla terraferma, mentre del bycatch ce se ne libera sul posto, a mare aperto.

Inoltre, nel cosidetto bycatch spesso si trova anche quello che dovrebbe essere il “pescato”, ma che viene rigettato in mare perche in sovrappiu’ rispetto a quello che la legge prevede. Insomma, i controlli vengono fatto, come detto sopra, sulla terraferma e nulla impedisce al pescatore di utilizzare metodi che assicurano il massimo risultato per poi sbarazzarsi di eventuali eccedenze. Vorrei fare qui una piccola pausa per chiarire che qua stiamo parlando di vita e morte, di individui strappati dalla loro vita per morire di una morte lenta e angosciante, schiacciati e soffocati dai loro stessi simili. Qui si parla di TONNELLATE su TONNELLATE di tali vite, perche’ i numeri degli individui, se non sono mammiferi, non viene nemmeno considerato (mentre il numero di mammiferi, rispetto a cifre ufficiali relative ai soli Stati Uniti, sono nell’ordine delle migliaia annuali, fra cetacei e pinnipedi, cioe’ delfini). Il bycatch spesso e volentieri ammonta a diverse volte, in volume, della cattura “effettiva”.

Dunque, ora ci avviciniamo al punto della situazione. All’alba degli anni ’90 diversi gruppi, principalmente di ispirazione ecologista, notarono la situazione e attraverso un’intensa campagna riuscirono a modificare, almeno negli Stati Uniti, la legislazione che permetteva tutto cio’. Nacque cosi’ l’etichetta “Dolphin Safe Tuna”, cioe’ tonno pescato senza l’uccisione di delfini. Sembra una storia con un lieto fine, seppure un po’ insoddisfacente, no?

Decisamente no. Come si crede che abbiano reagito i pescatori a cio’? Di certo i loro profitti non ne hanno sofferto. Si’, perche’ con l’evolversi della coscienza dei consumatori, si e’ evoluta anche la tecnologia, ma stando sempre un passo avanti purtroppo.

Vi presento i cosidetti FAD, o Fish Aggregation Devices. Essi sono, essenzialmente, delle boe giganti che, attraverso l’utilizzo di stimoli visivi/vibrazionali attirano la maggior parte dei pesci a cui l’industria e’ interessata, risparmiando pero’ i delfini.

Una volta attirati questi pesci, si passa al pescaggio. Ed e’ un massacro. Si’, perche’ al contrario delle Purse Seine Nets, questi apparecchi infernali attirano praticamente TUTTO, ad esclusione di poche specie fortunate. E il bycatch e’ semplicemente aumentato in maniera esponenziale.

Quindi, i consumatori comprano felici il cosidetto “Dolphin Safe Tuna” considerando di aver fatto la scelta “giusta“, mentre, per salvaguardare i delfini, milioni, forse addirittura MILIARDI di altri pesci vengono sacrificati annualmente.

Tutto questo perche’ i delfini sono piu’ importanti?

Io capisco che l’iniziativa avesse un’impronta marcatamente ecologista, e che quindi ai promotori del singolo pesce, non appartenente a nessuna specie in pericolo, non gliene importasse nulla. Ma a volte sembra che anche i cosidetti animalisti e antispecisti cadano in questo insido trabochetto. Non mi sembra giusto in questo caso fare nomi o puntare dita, perche’ se c’e’ qualcosa che al movimento animalista non manca e’ esattamente questo.

Se si inizia a tracciare linee in questo modo, si rischia di finire allo stesso punto della visione antropocentrica, e cioe’ quello di confondere la somiglianza con il se’ con il diritto alla vita.

Certo, il delfino e’ molto piu’ umano del pesce. Ma questo forse significa che e’ piu’ importante?

Non posso chiudere che con un dovuto disclaimer: ovviamente non sto dicendo che non bisogna comprare il “Dolphin Safe Tuna”. Quello che sostengo e’ ovviamente che non si deve comprare tonno. O qualsiasi altra parte di un animale. Punto. Si tratta solo di un’analogia evidentemente, ma nessuno e’ mai morto dall’essere troppo chiaro quindi mi prendero’ il rischio.

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