LA MODA E LE SUE IMPLICAZIONI_4f6d4f5bc361734e9c14b1881a0c9acc

Non si puo’ di certo negare l’influenza che la moda ha e ha avuto nella societa’, in ogni luogo e in ogni tempo, nel determinare come l’individuo decide il proprio vestiario. Ovviamente, per essere chiari, intendero’ con il termine “moda” l’uso e il costume nell’abbigliamento, e non certo le follie della autoproclamata “alta societa'” delle sfilate e degli stilisti che, seppur influenti a loro modo, hanno poco impatto sulla vita della persona media.
Al giorno d’oggi, solo un pazzo o un impersonatore indosserebbe una toga: nessuno si veste cosi’, e seppure la praticita’ dell’indumento non e’ assolutamente cambiata nel corso degli anni, cosi’ pure il clima, l’uso comune ne ha dichiarato la morte.
Ma cosa c’entra tutto cio’ con gli animali? Il punto a cui voglio arrivare e’ il seguente: non importa se il giubbottino con il collo di pelliccia vi e’ stato regalato anni fa da un amico. Non indossatelo, e’ importante. Il solo atto di indossarlo comportera’, nel futuro, un successivo abuso verso le creature che si sta tentando disperatamente di difendere dalla mano dell’uomo. Puo’ non sembrare evidente, ma sfoggiando tale abbigliamento si contribuisce alla conferma della moda ora vigente, convincendo indirettamente altre persone che tale stile e’ ancora viabile: cio’ portera’ di certo ad altre vendite nel settore, e la domanda genera offerta, creata senza alcun dubbio da persone prive di remore morali in tale direzione.
In breve, l’atto di compravendita di capi di abbigliamento di origine animale (e quindi frutto di una crudelta’ sistematica verso le “creature di serie B”) e’ solo parte del problema, e la rinuncia a cio’ costituisce solo parte della soluzione. Se si vuole creare un mondo privo di pelliccie, cuoio e lana allora bisogna assolutamente smettere di sfoggiare in pubblico capi fatti con il corpo e con il sangue di vittime innocenti.
Vogliamo creare un mondo in cui una giacca di pelle viene vista come un kilt scozzese o un farsetto rinascimentale. Cose che nessuna persona sana di mente si sognerebbe di portare al lavoro, o per uscire con gli amici, o di indossare a casa. Un mercato per questo genere di indumenti, se esiste, e’ un mercato gramo, fatto di rimasugli del passato e comprato da nostalgici o storici, non di certo un’industria multimiliardaria.
La questione non si ferma qua: per chi assolutamente non puo’ fare a meno di seguire un certo stile e quindi si affida ai “surrogati chimici” di pelle e pelliccia e’ necessario che venga compresa la necessita’ di far presente ad ogni occasione come questi siano dei FALSI. Altrimenti si rischia ancora di macchiarsi della colpa di avere, con il proprio abbigliamento, passivamente dato il proprio assenso ad un comportamento che sappiamo oramai tutti essere sbagliato. In merito a cio’, ricordiamoci che l’etica e la morale di un popolo e’ un’entita generata dalle azioni e dai pensieri dei singoli, e che tale etica e’ quella che poi forma la maggioranza degli individui: essenzialmente, il tipo di azione che risulta essere piu’ influente nel lungo termine e’ dare il buon esempio.
Non si puo’ assolutamente sperare in un futuro roseo per gli animali allevati per la vanita’ umana se non si parte da questo presupposto, quello di mostrare, partendo da come ci vestiamo, un completo e totale rifiuto di tale atteggiamento.
Inoltre, per concludere e’ dovere ricordare che, ove vige un clima rigido nei mesi invernali, rifugi e canili spesso accettano volentieri donazioni di coperte o indumenti smessi per proteggere i loro ospiti dal freddo: la vostra coperta di lana o pelliccia puo’ trovare, in fondo, un utilizzo migliore del marcire nella spazzatura. Se non altro, il sacrificio di un animale potra’ servire ad uno scopo ben piu’ nobile della futile moda, e qualche anima sfortunata potra’ passare un inverno meno terribile del precedente.

Luca Menghini

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